L’obiettivo di questo articolo è quello di sintetizzare alcune caratteristiche dell’approccio di Milton Erickson, soprattutto quelle che hanno influenzato le moderne terapie ad orientamento strategico, partendo dalla resiliente vita di Milton Erickson.
Una frase emblematica perché racchiude e sintetizza la valenza del pensiero di Erickson e della sua metodologia considerata strategica è: “ Chi realizza se stesso realizza anche gli altri ”. L’originalità e l’unicità dell’approccio di E. scaturiscono dal fatto che egli lo ha sviluppato e sistematizzato attraverso le riflessioni sulla propria esperienza di vita traumatica.
Colpito a soli 17 anni dalla poliomelite E. rimase completamente paralizzato, eccetto per i movimenti oculari e della bocca. Questo evento anziché segnarlo per sempre in modo irreparabile, si rivelò per lui un punto da cui ripartire. Erickson grazie ad una tenace forza di volontà, al proprio ingegno, all’affetto dei familiari ed ad una ferma convinzione nelle capacità insite nell’essere umano, riuscì a recuperare diverse autonomie e a tornare a camminare. Erickson utilizzando il proprio dolore e l’esperienza dei traumi avuti, dimostrando anche una significativa resilienza è riuscito a trasmettere una metodologia terapeutica innovativa, che ha dato seguito a nuovi filoni nel mondo dell’ipnosi.
E., partendo dalle proprie problematiche, comprese che ogni individuo in quanto tale e in base alle proprie esperienze, racchiude in sé le risorse necessarie per fronteggiare qualsiasi circostanza, anche le più ardue.
Un principio cardine del pensiero metodologico eriksoniano è la nuova concezione dell’inconscio e la sua relazione con la coscienza. A tal proposito, così si riporta nel manuale ( Erickson M.,Rossi E., 1979), Tecniche di suggestione Ipnotica, Astrolabio, Roma): “Siamo portati a credere che la coscienza dell’uomo moderno razionalista, programmata in base ad atteggiamenti e luoghi comuni, sia gravemente limitata. E’ stato calcolato che nella migliore delle ipotesi le persone non sfruttano più del 10 % delle proprie capacità mentali. In sostanza
la maggior parte delle persone non sanno come utilizzare le proprie risorse individuali. Questo aspetto lo possiamo indagare attraverso il nostro sistema educativo che ci ha insegnato soltanto una misurazione fondata su determinati criteri esterni di apprendimento ad esempio imparando l’ABC, leggere, scrivere e prestazioni del genere. L’adeguatezza del nostro apprendimento è valutata in base a punteggi su reattivi di profitto standardizzati come appunto le pagelle dei nostri figli; piuttosto invece che sul grado in cui utilizziamo i nostri
personali circuiti nervosi per i nostri scopi individuali. Tale sistema educativo ancora non ha, o soltanto in minima misura, strumenti di addestramento e di misurazione delle capacità dell’individuo di utilizzare la sua personale matrice comportamentale e i suoi processi associativi; nonostante questa capacità interna sia l’essenza della creatività e dello sviluppo della personalità. La coscienza viene così programmata a tendere verso standard di profitto esterni e accettati da tutti, mentre viene invece trascurato ciò che nell’uomo è unico ovvero la propria soggettività. Così facendo la nostra unicità rimane in gran parte inconscia e sconosciuta”. Erickson afferma (ibidem): “E’ molto importante che le persone sappiano che il loro inconscio è più intelligente di loro. Nell’inconscio c’è una maggiore ricchezza di materiale accumulato”.
Ciascuno di noi ha un percezione di chi è, ma ignora ciò che può diventare. (P. Lombardo, 2003). Erikson, andando oltre l’evidenza oggettiva della propria malattia, ebbe la forza di trovare in se stesso la propria bellezza ed unicità, ovvero quelle risorse resilienti necessarie a superare lo status quo della malattia. E. si rese conto che quello che era riuscito a fare per sé, poteva essere alla portata di ogni individuo, se messo nelle migliori condizioni per farlo.
Nel corso della sua attività clinica, E. intuì che ogni persona aveva insita al proprio interno innumerevoli resistenze inconsapevoli ed inconsce che ostacolavano e impedivano l’instaurarsi di un processo di guarigione e di ripresa rispetto allo stato psicopatologico della persona. L’assunto di base da cui è partito il pensiero di E. riguarda il "presupposto” che ogni individuo umano per sua stessa natura e in base alle proprie esperienze che matura nel corso della vita è depositario delle risorse necessarie a superare qualsiasi evento traumatico di qualunque natura esso sia (Erickson,1959).
E, alla luce di questa scoperta ha delineato un approccio terapeutico e una serie di tecniche in grado di aggirare e utilizzare le resistenze della persona per attingere e attivare le risorse dell’individuo contenute nell’inconscio. Un aspetto dell’approccio strategico consiste nell’ utilizzare le risorse inconsce dell’individuo attraverso le tecniche e la metodologia creata dallo stesso E.; quest’ultimo non introduceva nessun elemento esterno nella terapia, ma
utilizzava tutto ciò che il paziente portava nel corso di essa. Anche in questo consiste la genialità, la strategia e l’originalità del lavoro di Erickson.
E. attraverso la contingenza della propria malattia fu costretto a superare i propri limiti; nel fare questo utilizzò e definì alcune strategie che oggi sono le fondamenta del suo approccio. La filosofia del trattamento psicoterapeutico di E. si basa sull’approccio naturalistico che si attua attraverso la tecnica dell’utilizzazione. Per utilizzazione si fa riferimento alla capacità e prontezza del terapeuta nel rispondere strategicamente a tutti gli aspetti del paziente “sani o patologici che siano”(Ibidem). L’utilizzazione ha come finalità quella di cogliere qualsiasi input o caratteristica che il paziente porta in terapia collocandola però nel momento presente e direzionando il tutto affinché si instauri un processo che porti gradualmente ad un cambiamento dall’impasse della problematica del paziente. L’aspetto importante dell’intervento naturalistico di E. sta nella capacità del terapeuta di utilizzare le risorse personali della persona in cui risiedono le capacità autocurative necessarie al superamento di traumi e situazioni difficili che possono accadere nell’arco dell’esistenza di ogni persona.
La tecnica dell’utilizzazione ad esempio, risale al comportamento ideomotorio (integrazione mente – corpo) sperimentato da E. quando all’età di 17 anni rimase paralizzato a causa della poliomelite; egli fu costretto a riapprendere a camminare, utilizzando ciò che aveva a disposizione, ovvero la sorella più piccola che imparava a camminare a sua volta. E. osservando e utilizzando ciò che faceva la sorellina, imitandone i movimenti riuscì
progressivamente a rimettersi in piedi e riprendere a camminare. E. ha chiamato naturalistico il suo approccio perché egli credeva fermamente che l’essere umano fosse una creatura concepita in modo naturale e spontaneo a propendere alla propria autorealizzazione. E. considerava i traumi e le circostanze avverse i veri responsabili dell’interruzione della naturale propensione dell’individuo. Compito del terapeuta era quindi quello di rivitalizzare la naturale tendenza che era insita nell’animo umano, di stimolare le risorse latenti che sono contenute nel nostro inconscio. E. stesso afferma: “l’utilizzazione è un processo continuo, non è qualcosa che il terapeuta inizia e finisce.” (Ibidem). L’atteggiamento di utilizzazione del terapeuta si sviluppa lungo tutto il trattamento ed è parte integrante del processo di terapia.
Un’altra delle sei strategie terapeutiche messe a punto dal terapeuta è quella della frammentazione: suddividere una realtà problematica in parti più piccole e fruibili, predispone la persona ad affrontare il proprio disagio con più efficacia, risolutezza e minore stress. Questo concorre al contempo a frammentare la cognizione spazio – tempo della problematica esperita dal soggetto ed incentiva una naturale predisposizione al cambiamento.
La strategia della progressione presenta alcuni elementi in comune con la frammentazione; la costruzione di una serie di piccoli traguardi consente al cliente di sperimentare alcuni miglioramenti che creano le basi per ulteriori progressi. Così facendo si costituisce un processo che alimenta speranza e motivazione al cambiamento rispetto al disagio della persona. E’ fondamentale porsi obiettivi clinici che siano realmente raggiungibili dal paziente,
pena il fallimento terapeutico e l’inefficacia della strategia.
La quarta strategia formalizzata da E. è la Distrazione che consiste nel distrarre, distogliere il paziente dai propri schemi mentali o credenze e convinzioni che danno origine al blocco psicopatologico percepito da questi; ed indurre invece la sua attenzione su altri aspetti o circostanze al fine di interrompere la coazione a ripetere e le conseguenti trame comportamentali costruite e cronicizzate nel corso degli anni. Quanto descritto costringe
inconsapevolmente il soggetto ad attivare nuove associazioni inconsce eludendone l’intenzionalità cosciente e produrre quindi un cambiamento. E. stesso osservava che: “Se il conscio fosse capace di risolvere il problema, il paziente non avrebbe bisogno di un terapeuta.”( Ibidem )
Le altre tecniche teorizzate ed applicate da E. sono relative alla ristrutturazione e al riorientamento. La prima è così espressa da Watzlawick, Weakland e Fisch, in Change ( 1974 ), “Ristrutturare significa cambiare l’atteggiamento o punto di vista concettuale e/o emozionale in relazione al quale una situazione viene vissuta, e porla entro un’altra cornice, che si adatta ai (fatti) della stessa situazione concreta in modo altrettanto valido, se non più valido, e che perciò muta l’intero suo significato” Gli autori citano il filosofo Epitteto che afferma:
“Non sono le cose in sé a preoccuparmi, quanto piuttosto le opinioni che abbiamo sulle cose”. (Erickson M.,1983, La mia voce ti accompagnerà; I racconti didattici di M.E, Astrolabio- Roma.).
La tecnica del riorientamento è una conseguenza della ristrutturazione. Una volta che l’individuo ha cambiato punto di vista rispetto al problema, si può procedere al riorientamento che ha lo scopo di reindirizzare, canalizzare le risorse dell’individuo; questo porterà all’attuazione di vere e proprie azioni e comportamenti da parte del soggetto.
L’intero lavoro di Milton Erickson, oltre alle tecniche di cui sopra, si può sintetizzare attraverso questi punti che rappresentano le caratteristiche della sua metodologia terapeutica e di quelle che successivamente sono diventate le moderne terapie ad orientamento strategico ( Lankton, 1990 ):
- L’utilizzo di un modello non patologico.
- La valorizzazione delle risorse della persona.
- L’utilizzazione di ogni esperienza portata in terapia dalla persona.
- L’impegno del paziente a rendersi attivo al di fuori delle sedute di terapia per produrre nuovi
comportamenti orientati al cambiamento.
- L’impegno del terapeuta a pianificare interventi personalizzati per ciascun paziente.
BIBLIOGRAFIA
- Bradford K., Erickson.B.A. (2011), M.H.Erickson UN GUARITORE AMERICANO, Dialogika,Milano.
- Cyrulnik B. (2005), COSTRUIRE LA RESILIENZA, Erickson, Gardolo (TN).
- Erickson M. (1983), LA MIA VOCE TI ACCOMPAGNERA. I racconti didattici di M.E, Astrolabio, Roma.
- Malaguti E. (2005), “EDUCARSI ALLA RESILIENZA”, come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi,
- Erickson, Gardolo (TN). Sartori F. (2010), LA RESILIENZA introduzione di Pietro Lombardo, Centro Studi Evolution, Verona.
- Secci, Manuale di Psicoterapia Strategica, ( 2005) Edizioni Carlo Amore
- Short D. (2004), SPERANZA E RESILIENZA, Franco Angeli,Milano.
- Werner E. (1982), VULNERABLE BUT INVICIBLE: A LONGITUDINAL STUDY OF RESILIENT CHILDREN AND YOUTH, articolo tratto dal libro in bibliografia, Malaguti E. (2005), “EDUCARSI ALLA RESILIENZA”, come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi, Erickson, Gardolo (TN).
Autore:
Dott. Francesco Nannini, Psicologo-psicoterapeuta in formazione secondo l’approccio strategico-
integrato
Nannini03@gmail.com;cell:3889549309
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